Oggigiorno, soprattutto tra i più giovani, si pensa che per vivere bene bisogna diventare uno youtuber, un influencer o un imprenditore capace di fare milioni. Girare in Lamborghini con vestiti di lusso e sfoggiare una vita da uomini di successo del XXI secolo. Non si può nascondere che questa visione del proprio futuro sia una visione appetibile a tutti.
Un giorno si presentò nel mio studio di Milano un giovane ragazzo, Mattia, che aveva avuto il mio contatto da una pubblicitaria che seguii come Mental coach. Dopo un breve scambio di battute sulla piantagione di banane che da poco era stata installata nella adiacente piazza Duomo mi disse: Io voglio diventare ricco. Pure io, risposi ironizzando, per quello le faccio pagare tanto la mia consulenza.
Mattia era uno dei tanti giovani che guardano i video sui social e cominciano a cercare le varie opportunità per fare i soldi, fino a sognare di diventare il prossimo uomo di successo di turno.
Mi racconta che le ha provate davvero tutte, cominciò con il network marketing, poi apri un blog, poi un altro, poi apri una ditta e poi un’altra, poi partì per l’estero, fino al giorno in cui per fortuna decise di fermarsi e toccare il suolo e iniziare a confrontarsi con la realtà delle cose.
Con Mattia siamo scesi in profondità per conoscere bene tutte quelle persone di successo che vedeva on-line. Si accorse di una cosa che prima gli era sfuggita. Tutti questi personaggi avevano lavorato per decenni nell’anonimato rinchiusi nelle loro stanze o in uffici fetidi, sudando giorno e notte per partorire idee su idee, per far partire business che poi fallivano miseramente oppure facendo video che nessuno guardava. Fallendo e ricominciando, cadendo e rialzandosi.
Il percorso di consapevolezza lo aiutò a realizzare una cosa molto importante che in seguito fu quello che oggi gli consente di vivere facendo quello che gli piace mentre gira il mondo e vive ogni giorno con passione e coinvolgimento. Quello che capì fu una cosa molto semplice, tutti questi uomini e donne non lavoravano per i soldi, non lavoravano per diventare ricchi e smettere di lavorare, loro lavoravano perché il lavoro era la loro vita.
In un’intervista su Finance, la giornalista chiese a Bill Gates, se quando era piccolo pensava ai soldi o gli interessava solo la tecnologia, lui rispose: “mi piacevano soprattutto i software, mi ricordo che alla scuola privata c’erano altri bambini con famiglie più ricche, avevano la Porsche o cose simili, ma non era così importante, la mia fissa era fare software, mi piaceva assumere persone e sono rimasto sbalordito quando è diventata così di valore”.
L’obiettivo della maggior parte della popolazione su questo pianeta è quello di diventare ricchi per non dover fare più niente e godersi la vita. Quello che non viene compreso è che la vita è proprio il contrario. Tutti quegli uomini e donne che oggi vivono nell’ abbondanza materiale devono i loro successi ad una sola cosa, aver seguito i propri sogni.
Ognuna di queste persone ha puntato tutto su sé stessa, investendo il proprio tempo ed i propri denari in qualcosa che gli faceva sentire bene. E allo stesso tempo copriva un bisogno della società che li circondava. Hanno cominciato ad esprimere sé stessi ed i propri talenti le proprie qualità con i metodi e gli strumenti a disposizione, fallendo e riprovando, fino a trovare la quadra che funzionava.
Questo è quello che è successo anche a me, seppure io non mi ritengo una persona ricca materialmente. Ma questo è un altro mito da sfatare, crediamo che diventare ricchi risolva tutti i nostri problemi, ma non ci accorgiamo di una cosa: quello che conta più di tutto è come ci sentiamo dentro, come ci svegliamo la mattina e con quale stato d’animo passiamo le nostre giornate.
Immagina un mafioso o uno spacciatore a larga scala, possono dire di essere persone ricche. Ma secondo te vivono una vita serena mentre si nascondono? Io penso proprio di no. La cosa che conta di più è come ti senti dentro. Poi c’è da dire un’altra cosa estremamente importante, la ricchezza materiale, il tuo conto in banca è solo una conseguenza di come ti senti al tuo interno. Se vivi nell’ansia e nella depressione cercando sempre alla prossima occasione di fare un po’ di soldi, vivrai una vita d’inferno.
Anche se riuscirai a tirare sù qualche euro. Al contrario un uomo centrato, sicuro, sereno esprimerà i propri talenti e qualità nel mondo e per la legge di risonanza attrarrà a sé il denaro di cui avrà bisogno, in ogni frangente della propria vita. Il denaro è una conseguenza non un obiettivo. Colui che decide di puntare su sé stesso, sulla propria crescita nutrendo quella parte di sé che sente essere vera e autentica, troverà la strada per essere di aiuto al mondo e di conseguenza il mondo lo ripagherà con le giuste ricchezze, in base agli obiettivi ed alla visione che questa persona ha del suo futuro.
Perciò non contare ad avere lo yacht, la Ferrari o la casa ad Hollywood, punta piuttosto a diventare te stesso, a scoprire chi sei veramente ed a nutrire quello che in te funziona. Tu sei un figlio dell’universo come tutti e hai tutti gli strumenti necessari per cominciare questo percorso. Il problema è che fin da quando sei nato ti hanno fatto credere di essere solamente un’altra pedina un’altra pecorella del gregge per cui tu se pure il mio discorso ti risuona, e lo so che ti risuona, continuerai a vivere la tua vita allo stesso modo con gli stessi schemi di sempre.
Ecco sono proprio questi schemi che ti bloccano, che ti limitano, e ti fanno trascorrere le tue giornate da verme, strisciando sul lavoro, con gli amici e nella coppia. Il tuo compito, se veramente hai intenzione di vivere questa vita a pieno, è quello di investire su te stesso, eliminando tutte le convinzioni che ti sei creato riguardo al mondo che ti circonda, ma soprattutto riguardo a te stesso. Trasforma le tue paure in energia utile a trasformare te stesso, comincia da oggi a fare quello che ti piace fare. Fallo dopo il lavoro, la scuola, la sera, invece di seguire i programmi demenziali in televisione, apri un libro, scrivi, disegna, balla, canta, progetta. Insomma esprimi te stesso nella maniera che più ti piace qualunque essa sia. Non far finta di non sentire quella voce dentro di te che ti supplica a reagire. Quella è la voce più importante da ascoltare, invece delle voci della gente che continua a dirti che non vali, che sei stupido o che non sei capace. Non vedi come tutti cercano di tenerti nel gregge?
Sono tutti impauriti, terrorizzati, ed ansiosi in una società di morti viventi, di impiegati succubi che non fanno altro che proiettare le loro paura su di te. Tu non sei quella roba lì, comincia oggi non perdere altro tempo, fai ciò che ti piace e vedrai che col tempo quella cosa crescerà, evolverà e maturerà donandoti il successo che ti meriti.
Felici senza fatica
Lungo la vita, ogni giorno, apprendiamo nuove lezioni, la maggior parte delle volte però queste lezioni sono prese a caro prezzo. Abbiamo imparato a valutare meglio i nostri collaboratori dopo un fallimento di un progetto, abbiamo imparato a parlare poco di noi stessi, abbiamo imparato a limitarci nei nostri vizi per le conseguenze che hanno portato al nostro corpo. Insomma le strigliate della vita ci hanno aiutato a capirne il funzionamento.
Ma c’è un altro modo di migliorare la propria vita e cioè farlo consapevolmente, perciò cominciamo a lavorare su noi stessi, leggiamo, studiamo leggiamo articoli come questo per agire consapevolmente su noi stessi, cambiando il nostro modo di vedere le cose. Ma sappiamo benissimo entrambi che all’inizio è dura come il ferro, questo perché siamo frenati delle reazioni della nostra personalità inconscia.
Come dice la parola stessa, lavorare su di sé implica uno sforzo, una parte dolorosa, una fatica, del sudore, altrimenti non si chiamerebbe lavoro, si chiamerebbe la vacanza su di sé. Ma perché è uno sforzo? Quale sarà mai il motivo? Per rispondere a questa domanda dobbiamo comprendere chi sia colui che lavora su di sé, chi è il soggetto del lavoro su di sé.
Colui che lavora su di sé è il nostro “Io”, vale a dire la nostra personalità. Colui che noi identifichiamo come “io sono”, ciò sta a significare che il grado di frammentazione della nostra personalità coincide con il grado di fatica che dovremmo provare. Perciò se non ci conosciamo affatto, se siamo pensati dalla nostra mente sotto scacco dalle nostre emozioni e non siamo capaci di prenderci cura del nostro corpo, dovremmo fare molta fatica per migliorare.
Ciò sta a significare che all’inizio il lavoro su di sé non ci piacerà, poiché il colui che vuole indurre se stesso ad un cambiamento non è ancora un Io disciplinato, centrato e perciò privo di forza di volontà o comunque dotato di un grado molto basso della stessa.
Immaginati un po’ come l’unico “io” all’interno di una moltitudine di “io”, ognuno che va per i fatti suoi, capisci che per riuscire a fare un vero cambiamento questo “io” deve essere ascoltato molto più degli altri, rendendo chiaro quanto sia importante che mantenga il controllo sforzandosi di lavorare su di sé.
Questi sono gli sforzi di cui siamo più consapevoli, vale a dire quei cambiamenti che comprendiamo essere utili nella nostra vita e che bensi siano molto difficili da applicare, con una buona dose di volontà e costanza riusciamo a portarli a termine. Possiamo identificare in questo gruppo le dipendenze, le brutte abitudini, le forme pensiero, le identificazioni e le credenze più riconoscibili. Questo tipo di fatica ci porta a diventare degli individui più centrati, capaci anche di avere un buon successo materiale.
Ma come sappiamo il solo successo materiale non ci rende felici. Sebbene siamo materialmente vincenti, potremmo continuare a soffrire di depressione. Questo succede, evidentemente, perché abbiamo un punto di vista sbagliato sulle circostanze della vita. Essendo inconsapevoli del reale significato di questi avvenimenti, cerchiamo di resistergli, provocando in noi emozioni negative, preoccupazioni, ansie e paura, questo non fa altro che complicare il lavoro su di sé.
Per esempio, sei al supermercato e vedi la tua ragazza parlare con un altro, alla parte cosciente questo apparirà come un tradimento, quando in realtà vuol dire lavorare sulla propria gelosia. Oppure il nostro capo a lavoro ci dice che non valiamo niente. Per la parte cosciente questo apparirà come un insulto o una mancanza di rispetto, quando in realtà vuol dire lavorare sulla propria autostima. O ancora, lavoriamo ad un articolo come questo che leggi per poi dover rifare tutto per la chiusura improvvisa del software. Certo la mente cosciente vorrebbe ridurre il computer in polvere, quando in realtà tutto questo vuol dire lavorare sulla propria impazienza.
Lavorare su di sé vuol dire accorgersi che tutto ciò che ci appare più difficile, meno appetitoso e dal quale vogliamo stare lontani, è in realtà il primo luogo dal quale dobbiamo partire per lavorare su noi stessi efficacemente.
Ma cosa ci confonde? Beh ci confonde il fatto che, colui che avverte queste cose come vere e proprie ingiustizie che gli succedono e anche colui che, comprendendo la sua implicazione nel verificarsi di tali avvenimenti deve sforzarsi di disidentificarsi da questi suoi stessi pensieri, prendendo consapevolezza del valore profondo degli avvenimenti apparentemente negativi che si verificano nella sua vita.
Ci deve quindi essere una scissione tra colui che è identificato con l’apparenza e la consapevolezza che gli sta dietro. Quella sensazione di comprensione profonda che tutto è come deve essere. Così ancora una volta comprendiamo quanto la consapevolezza che sia di se stessi fa ccia la vera differenza. Con l’aumento della comprensione profonda che abbiamo di noi stessi diminuisce la fatica che proveremo nell’affrontare qualunque situazione nella vita. Aumentando allo stesso tempo la gioia di vivere. Qualunque avvenimento difficile stai affrontando nella tua vita, per quanto possa apparirti brutto, ingiusto e logicamente negativo, ricorda che nel profondo di te si tratta di un lavoro molto importante che si verifica per fare di te una persona più consapevole e perciò più felice.
Il vero sforzo è quello che applichiamo ogni giorno per rimanere aggrappati alla nostra personalità, in realtà non c’è niente da raggiungere, c’è solo da smettere di resistere.
Quali strumenti?
Nella mia pratica clinica come Mental coach ho la possibilità di integrare gli strumenti del Coaching, della Psicologia e della Psicoterapia. In particolare utilizzo il protocollo EMDR Performance Enhancement Psychology Protocol (EMDR-PEP) che affronta l’ansia da prestazione, le credenze autodistruttive, l’inibizione comportamentale, lo stress post-traumatico e il recupero psicologico causato da un infortunio per imprenditori creativi e performativi, persone sul posto di lavoro e atleti in genere. L’EMDR-PEP può essere molto utile con disturbi quotidiani non patologici come la procrastinazione, la paura del fallimento, le battute d’arresto e le transizioni di vita.
L’EMDR-PEP comprende un punto di vista ampio, a tutto campo, sul funzionamento ottimale nel lavoro e nella vita della persona. Questa prospettiva ispira i clienti a identificare i loro punti di forza che verranno rinforzati, così come le aree da migliorare. La riduzione dell’ansia e l’aumento della fiducia in se stessi sono punti centrali del lavoro clinico anche attraverso l’installazione delle risorse e delle competenze che coinvolgono le persone in un lavoro completo che contempla sia la riduzione dei blocchi nel raggiungimento della performance ideale che la sottolineatura delle competenze già possedute dalle persone con le quali ci troviamo a lavorare.
I contesti principali all’interno dei quali questo protocollo viene utilizzato sono: il mondo del lavoro e quello dello sport.