Il disturbo da desiderio sessuale ipoattivo è stato nuovamente introdotto per gli uomini, nel DSM-III- R chiamato inibizione del desiderio sessuale e nel DSM-IV era stato suddiviso in desiderio sessuale ipoattivo e disturbo da avversione sessuale; quest’ultimo è stato cancellato dal DSM-5.
La maggior attenzione data al desiderio sessuale maschile negli ultimi anni ha portato a riconoscere come categoria diagnostica nel DSM-5 Il disturbo da desiderio sessuale ipoattivo maschile (Hypoactive sexual desire disorde – HSDD), definendolo come una persistente o ricorrente insufficienza o assenza di pensieri o fantasie sessuali, erotiche e di desiderio di attività sessuale.
È interessante sottolineare come questo disturbo, considerato storicamente femminile, sia attualmente incrementato in maniera significativa negli uomini. Il problema del basso desiderio sessuale negli uomini è stato molto trascurato nelle ricerche epidemiologiche, anche se è frequente nella pratica clinica.
Partendo da un’accurata anamnesi sessuologica che permetta la diagnosi differenziale, va verificata la possibile presenza di malattie sistemiche e ormonali che possano alterare la percezione del desiderio sessuale, per concludere con una valutazione sierologica dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi e dove indicato, della funzione tiroidea. Tra le malattie croniche sistemiche vanno ricordate le epatopatie croniche, le insufficienze renali, le patologie ematiche gravi e le affezioni neoplastiche in genere.
Attualmente l’interesse per il disturbo da desiderio sessuale ipoattivo maschile sta aumentando, soprattutto per quel che riguarda le sue cause e i suoi possibili trattamenti. Per quanto concerne le ipotesi eziologiche, molta attenzione è stata data alla componente biologica, ovvero a quella ormonale; infatti si parla di ipogonadismo come principale causa del disturbo sessuale ipoattivo maschile.
È vero che la componente ormonale gioca un ruolo molto importante nel desiderio sessuale maschile, ma dalla letteratura emerge l’esigenza di considerare anche le altre componenti implicate nell’insorgenza o nel mantenimento del disturbo, utilizzando perciò un approccio biopsicosociale. Un basso desiderio sessuale può incidere sulle altre fasi della risposta sessuale, causando difficoltà; può accadere, perciò, che richieste d’aiuto intraprese per altre disfunzioni sessuali (disfunzione rettile, eiaculazione precoce o ritardata) nascondano un disturbo nell’area del desiderio che, se non indagata correttamente, può restare celato.
Le ricerche riguardo gli uomini, infatti, hanno sempre attribuito ai fattori biologici un ruolo predominante, riducendo drasticamente l’importanza della sfera emotiva e di tutto ciò che adesso fosse correlato.
È stato quindi proposto un nuovo modello per lo studio del desiderio maschile, che non si riduce a una risposta immediata a stimoli erotici mediata esclusivamente dalla presenza degli ormoni, ma all’influenza sul desiderio percepito in numerosi aspetti (età, presenza di problematiche di natura medica o psicologica, grado di soddisfazione di coppia, esistenza di credenze erronee riguardo al sesso e utilizzo di pensieri distraenti durante i rapporti).
Il risultato interessante che emerge sta nel ruolo fondamentale che ricoprono sia la dimensione cognitiva che emotiva. In uomini con disturbo da desiderio sessuale ipoattivo si riscontra una mancanza di fantasie erotiche, nonchè la presenza di pensieri negativi come preoccupazioni sulla performance (sull’erezione) ed emozioni negative come tristezza e vergogna. L’attivazione di pensieri ed emozioni negative durante l’attività sessuale può portare a non prestare attenzione agli stimoli sessuali e, di conseguenza, a non percepire desiderio o eccitazione.